A C U S T I C O, su con la merda!

Hör´ auf mit der Scheiße!________________________________________SECONDA EDIZIONE

venerdì, marzo 26, 2004

33, gli anni di Bellugi
Nonostante la difesa sembri la cellula dormiente di una squadra di calcio, ieri sera i ragazzi hanno fatto un regalino a Vitto, che oggi compie gli anni. Auguri.

giovedì, marzo 25, 2004

Critico cinematografico

"Un consiglio,...andate a vedere Non Ti muovere il nuovo film di Sergio Castellitto, tratto dal romanzo della moglie, Margaret Mazzantini"

"Un cinico ritratto della vita moderna, tra un Vasco Rossi e un Toto Cutugno d'annata"

"Con una Penelope Cruz tanto imbruttita, quanto brava"

mercoledì, marzo 24, 2004

Oil for what?
Si attendono sull´argomento piccanti battute di Luttazzi, irriverenti monologhi della Guzzanti e inorriditi editoriali di chi volete voi

Ieri sera ho scoperto che l´UE interruppe il flusso di finanziamenti ad Hamas (circa 500 milioni di euro) grazie all´iniziativa del governo Berlusconi. Intanto, nella casa del grande fratello tedesco, si tromba come ricci (sul sito della Bild ci sono pure le foto, e gli sfondi desktop a pagamento).
Ma veniamo al punto: sul Foglio di oggi c´è questo bell´articolo:

New York. Oil for food, petrolio in cambio di cibo, è stato il più grande programma di aiuti umanitari mai gestito dalle Nazioni Unite, ma è già il più grande scandalo della sua storia, nonostante la scarsa attenzione dei giornali che continuano a preferire i pettegolezzi sui trascorsi rapporti tra gli uomini di Bush e il mondo dei petrolieri.
Tra il 1996 e la liberazione di Baghdad del 2003, l'Onu ha consentito a Saddam Hussein, con la risoluzione 986, di vendere 100 miliardi di dollari di petrolio, prevalentemente a Francia e Russia, per scopi umanitari, cioè per comprare cibo e mezzi di sostentamento per la sua popolazione. Saddam ha incassato e tenuto alla fame i suoi, ma questa è un'altra storia. La storia adesso è questa: il nuovo governo iracheno, il Wall Street Journal e il General Accounting Office americano, in tempi e modi diversi, hanno scoperto che mancano all'appello almeno dieci miliardi di dollari, rubati da Saddam per arricchire il bottino personale e per pagare tangenti e mazzette a politici e personaggi vari del mondo arabo e occidentale. La notizia è stata accolta più come un'amena curiosità che come una cosa seria, anche perché molti dei beneficiari dei cadeux petroliferi di Saddam hanno subito smentito. Nella lista trovata nei palazzi saddamiti, c'erano Scott Ritter, l'ex ispettore Onu poi diventato uno dei fantocci del regime (400 mila dollari), il deputato pacifista inglese George Galloway (585 mila dollari) e anche qualche italiano, tra cui Roberto Formigoni e quel padre Benjamin che frequentava i salotti televisivi italiani per spiegare quanto fosse equa e libera la vita sotto la dittatura di Saddam. Ma questi sono spiccioli, in realtà della maggior parte di questi dieci miliardi non c'è ancora traccia. Il Consiglio governativo iracheno ha chiesto alla società di revisione Kpmg e agli avvocati tedeschi Freshfields, Bruckhaus e Deringer di indagare e scoprire se davvero quei soldi sottratti agli iracheni abbiano riempito le tasche di politici e funzionari dell'Onu. La Heritage Foundation, prestigioso centro studi americano, ha accertato che gli abusi del programma "Oil for food" sono il risultato dell'impressionante fallimento gestionale delle Nazioni Unite: "In realtà ­ si legge nel rapporto della Heritage ­ il programma era più che un bazar aperto per tangenti, favoritismi e mazzette. La serietà di queste accuse merita un'indagine del Congresso e una Commissione indipendente del Consiglio di sicurezza". Il Congresso, dopo aver ascoltato la relazione del General Accounting Office, ha già deciso che se ne occuperà ad aprile con una serie di audizioni alla commissione Esteri della Camera guidata dal senatore repubblicano Henry Hyde. Gli americani vogliono andare fino in fondo e l'interesse è doppio: quei soldi servono perché la ricostruzione dell'Iraq pesa sulle loro spalle, così come grava sulle tasche dei contribuenti americani quasi un quarto dei conti delle Nazioni Unite.

Francia e Germania contrarie all'inchiesta
Colin Powell ha chiesto a Kofi Annan di indagare sullo scandalo, nonostante Annan per mesi abbia fatto finta di niente. Il segretario generale, l'altro giorno, ha ammesso che effettivamente qualcosa è andato storto e ha comunicato al Consiglio di sicurezza che questa settimana nominerà una commissione di inchiesta. Francia e Germania, i due paesi più beneficiati dai contratti petroliferi con l'Iraq, sono contrarie, ha scritto ieri il New York Times.
Gli iracheni si aspettano che finalmente l'Onu metta a disposizione le ricevute dei conti della banca francese Paribas, attraverso i quali l'Onu ha gestito i pagamenti a Saddam. Annan sembra costretto a farlo ma certo, in generale, non è aiutato dal fatto che suo figlio Kojo sia stato uno dei manager di Cotecna Inspection fino a pochi giorni prima che la società svizzera firmasse il contratto Onu per controllare la correttezza dell'esecuzione di "Oil for food".
Annan era anche il responsabile del programma e aveva l'obbligo di controllare ogni sei mesi che "Oil for food" procedesse secondo i piani. Il direttore esecutivo del programma "Oil for food", nonché uomo di fiducia di Kofi Annan, era il cipriota Benon Sevan, oggi accusato di aver preso tangenti petrolifere da Saddam. Sevan ha smentito, ma a Baghdad e a Washington si accumulano le diffidenze tanto che Kofi Annan lo ha mandato in ferie fino ad aprile, mese in cui Sevan maturerà la pensione. Annan due giorni fa ha ammesso che "è altamente probabile che siano state fatte molte cose sbagliate, ma abbiamo bisogno di indagare per scoprire i responsabili". Una volta accertati sarà interessante scoprire perché Saddam pagasse francesi e funzionari Onu con il denaro del petrolio: in cambio di cosa? Oil for what?

martedì, marzo 23, 2004

Tegn´dür, Bob
Le prossime elezioni europee si preannunciano molto interessanti. Verrá premiata la coppia Sgarbi-Morgan (non Marina, il cantante Morgan)? Verrá premiato il coraggio di Fassino? L´europeismo innato dei radicali? Il viaggio in Israele di Fini? Mah.
C´è un politico giovane ma esperto, con la faccia da brav´uomo, di quelli con condanne per oltraggio a pubblico ufficiale, che fa trendy a sinistra, appassionato di musica, un politico, dicevo, leader in pectore di un grande partito italiano, e che, se continua così, può essere la grande sorpresa elettorale.
p.s. Anch´io ho visto un po´di processo di Biscardi ieri sera.

domenica, marzo 21, 2004

Le due sinistre e i profeti dei ceffoni
ROMA - Voi gettate polvere negli occhi del proletariato!», urlava una fazione al congresso di Livorno che spaccò i socialisti. «Rivoluzionari da temperino!», urlava quell'altra. Ma forse mai si era sentito, a sinistra, uno scambio di insulti pesante come quello che si sono scambiati ieri i «disobbedienti» e i diessini. Con i primi a gridare «assassini», i secondi a rispondere «squadristi». Musica per le orecchie di Silvio Berlusconi e il centrodestra: stretta nell'angolo dalla sconfitta di Aznar, dai segnali di smarcamento del primo ministro polacco e dal successo delle grandi manifestazioni pacifiste in tutte le capitali del mondo, la coalizione di governo assiste allo scoppio, proprio nel giorno in cui le strade di Roma tracimavano di «pacifici pacifisti», dello scontro intestino più aspro mai visto da anni dentro la sinistra.
Un regalo insperato. Agghindato con un fiocco in più: una dichiarazione di Sandro Bondi che con soave perfidia è accorso a dettare alle agenzie la sua «solidarietà all’On. Fassino vittima di una vera e propria aggressione» e di «violente contestazioni che hanno di fatto reso impossibile il suo diritto di partecipare ad una manifestazione in favore della pace». Deve avere goduto, il portavoce azzurro, a scrivere quelle poche righe. E deve aver sentito una coltellata nell'ossuto fianco, il segretario diessino, a riceverle. Compatito! Meglio gli insulti, piuttosto.
Meglio le contestazioni, i fischi e perfino i ceffoni metaforici. Ma essere compatito da Bondi! E così quella che avrebbe potuto essere una prova di forza della sinistra nella scia della vittoria di Zapatero, si è trasformata nella plateale e impietosa dimostrazione, urbi et orbi , di tutte le fratture, le contraddizioni, le differenze insanabili che per troppo tempo erano state coperte dal velo rassicurante della lotta al Cavaliere, a Bush, all'America degli elicotteri Apache.
Certo, sarebbe stupido più ancora che scorretto riassumere la manifestazione di ieri nella intimidazione a Piero Fassino, mai così magro e malinconico con quel collo lungo lungo che spuntava da una sciarpa arcobaleno.
C'erano centinaia di migliaia di persone. Forse un milione, forse più. Ed è stato un corteo larghissimamente pacifico, vitale, colorato, gioioso, pieno di bambini sulle spalle dei papà e di fidanzatini che si tenevano per mano. Con Patricia e le sue amiche di Livorno che avevano portato una grande farfalla colorata per «volare su tutti i muri» e la banda dei Fiati Sprecati che strombettava marcette e i «Beati i costruttori di pace» padovani portati da don Albino che avevano pitturato sullo striscione un intero campo di fiori e fiorellini e Michele Zizzari che sulle note di uno zampognaro intonava la sua «tammurriata» napoletana: «Amme pigliato nu pullman speciale / pecché "sta guerr" vulimme fermà...».
E poi c'era Tiziano venuto da Manciano con il suo albero di scarpe appese e i cartelli che dicevano «scarpate alla scuola», «scarpate all'agricoltura», «scarpate al lavoro». E clown coi nasi rossi e musiche andine degli Intillimani e la chitarra col distorsore di Ivan Graziani e il giovane Pannocchia che girava tra la folla sui trampoli ed era così alto ma così alto che qualcuno gli gridava ridendo: «Aho, a pertica! Che ssei er cuggino lungo de Fassino?». E poi c'era Piero Ingrao che per la seconda volta in tutta la vita aveva accettato un passaggio in motorino e Walter Veltroni che sorrideva brillantemente guarito dall'influenza che diceva avergli impedito di partecipare alla manifestazione unitaria di giovedì e tanti frati e tante suore e tanti studenti e perfino un democristiano in carne, ossa e bandiera scudocrociata che ghignava: «Nun eravamo morti: solo in standby ».

Spiccava anzi, in mezzo a quel chiasso allegro, un'assenza: Berlusconi. Intendiamoci, in quattro o cinque chilometri di corteo, qualche ombra del Cavaliere c'era. Qui era un pupazzone con le enormi orecchie tirate con le mollette appena uscito dal lifting , lì era vestito da Duce accanto a un Bush-Führer, lì ancora faceva la parte del cane da guardia su un carro di pupazzi di cartapesca in cui il presidente americano puntava un pistolone contro Saddam Hussein col pigiama a righe del carcerato mentre Prodi e D'Alema giravano in tondo senza sapere che pesci prendere. Non mancavano un po' di slogan e uno striscione con «le bombe di Bush» dove accanto alla bomba atomica e alla «bomba hacca» c'era la «bombetta puzzolente»: lui. Ma vogliamo far paragoni con altre manifestazioni degli ultimi tre anni? La metà della metà della metà. E forse meno ancora. Come se questo pezzo di popolo di sinistra si fosse in qualche modo liberato della «ossessione Berlusconi». E pur conservando intatta l'avversione contro il Cavaliere, avesse cominciato a dargli meno importanza. Come desse quasi per scontato, dopo le difficoltà del governo, la svolta nei sondaggi, la ripresa dell’opposizione, la sorpresa spagnola, che il tramonto della destra sia inarrestabile. Un'idea che Gino Strada, la cui brutalità di giudizio è pari alla delicatezza con cui maneggia i bisturi, riassume così: «Berlusconi? Boh... E' morto».
Ed è qui, nella sensazione diffusa che «la Spagna ha detto chi ha ragione» e «ormai è fatta anche qua», che è venuta fuori quella vecchia anima confusionaria, sgangherata e sventurata di una certa sinistra ribelle. Incapace di impedire l'ostentazione di uno striscione che inneggiava alla «resistenza irachena», la stessa che fece saltar per aria i nostri militari a Nassiriya come un anno fa non era stata in grado di fermare la sfilata di finti kamikaze palestinesi. Incapace di emarginare i teppisti che «col volto coperto e urlando slogan inaccettabili», stando alla denuncia di Stefano Fancelli, hanno «aggredito premeditatamente» i giovani diessini «lanciando uova, bottiglie di vetro, lattine, aste di legno ed oggetti contundenti ad altezza d'uomo».
Incapace di tenere a bada quanti avevano organizzato l'imboscata di insulti a Piero Fassino. Un'imboscata annunciata. E in qualche modo perfino legittimata preventivamente non solo dal no-global Francesco Caruso con la minaccia di «ceffoni umanitari» o dallo stesso Strada con la sparata sui «delinquenti politici» ma anche da alcuni che sulla carta sono i compagni di strada dei Democratici di Sinistra. Come il cossuttiano Marco Rizzo, arrivato ad accusare Fassino di avere voluto lui la manifestazione unitaria in Campidoglio per «indebolire» la marcia di ieri e ad avvertirlo che per lui venire alla manifestazione di ieri sarebbe stato «come andare a sedersi allo stadio nella curva che ospita i tifosi avversari». O il verde Paolo Cento, che aveva avvertito: «I fischi, se ci saranno, saranno conseguenza dei loro errori». E lo stesso Fausto Bertinotti che aveva riaffermato l'ovvio diritto che tutti possono partecipare a ogni manifestazione però... La frittata è fatta. Sarà divertente, adesso, vedere la corsa a rassicurare gli elettori che un domani, se fossero tutti insieme al governo...
Gian Antonio Stella - Corsera 21/03/2004
 
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