A C U S T I C O, su con la merda!

Hör´ auf mit der Scheiße!________________________________________SECONDA EDIZIONE

domenica, marzo 21, 2004

Le due sinistre e i profeti dei ceffoni
ROMA - Voi gettate polvere negli occhi del proletariato!», urlava una fazione al congresso di Livorno che spaccò i socialisti. «Rivoluzionari da temperino!», urlava quell'altra. Ma forse mai si era sentito, a sinistra, uno scambio di insulti pesante come quello che si sono scambiati ieri i «disobbedienti» e i diessini. Con i primi a gridare «assassini», i secondi a rispondere «squadristi». Musica per le orecchie di Silvio Berlusconi e il centrodestra: stretta nell'angolo dalla sconfitta di Aznar, dai segnali di smarcamento del primo ministro polacco e dal successo delle grandi manifestazioni pacifiste in tutte le capitali del mondo, la coalizione di governo assiste allo scoppio, proprio nel giorno in cui le strade di Roma tracimavano di «pacifici pacifisti», dello scontro intestino più aspro mai visto da anni dentro la sinistra.
Un regalo insperato. Agghindato con un fiocco in più: una dichiarazione di Sandro Bondi che con soave perfidia è accorso a dettare alle agenzie la sua «solidarietà all’On. Fassino vittima di una vera e propria aggressione» e di «violente contestazioni che hanno di fatto reso impossibile il suo diritto di partecipare ad una manifestazione in favore della pace». Deve avere goduto, il portavoce azzurro, a scrivere quelle poche righe. E deve aver sentito una coltellata nell'ossuto fianco, il segretario diessino, a riceverle. Compatito! Meglio gli insulti, piuttosto.
Meglio le contestazioni, i fischi e perfino i ceffoni metaforici. Ma essere compatito da Bondi! E così quella che avrebbe potuto essere una prova di forza della sinistra nella scia della vittoria di Zapatero, si è trasformata nella plateale e impietosa dimostrazione, urbi et orbi , di tutte le fratture, le contraddizioni, le differenze insanabili che per troppo tempo erano state coperte dal velo rassicurante della lotta al Cavaliere, a Bush, all'America degli elicotteri Apache.
Certo, sarebbe stupido più ancora che scorretto riassumere la manifestazione di ieri nella intimidazione a Piero Fassino, mai così magro e malinconico con quel collo lungo lungo che spuntava da una sciarpa arcobaleno.
C'erano centinaia di migliaia di persone. Forse un milione, forse più. Ed è stato un corteo larghissimamente pacifico, vitale, colorato, gioioso, pieno di bambini sulle spalle dei papà e di fidanzatini che si tenevano per mano. Con Patricia e le sue amiche di Livorno che avevano portato una grande farfalla colorata per «volare su tutti i muri» e la banda dei Fiati Sprecati che strombettava marcette e i «Beati i costruttori di pace» padovani portati da don Albino che avevano pitturato sullo striscione un intero campo di fiori e fiorellini e Michele Zizzari che sulle note di uno zampognaro intonava la sua «tammurriata» napoletana: «Amme pigliato nu pullman speciale / pecché "sta guerr" vulimme fermà...».
E poi c'era Tiziano venuto da Manciano con il suo albero di scarpe appese e i cartelli che dicevano «scarpate alla scuola», «scarpate all'agricoltura», «scarpate al lavoro». E clown coi nasi rossi e musiche andine degli Intillimani e la chitarra col distorsore di Ivan Graziani e il giovane Pannocchia che girava tra la folla sui trampoli ed era così alto ma così alto che qualcuno gli gridava ridendo: «Aho, a pertica! Che ssei er cuggino lungo de Fassino?». E poi c'era Piero Ingrao che per la seconda volta in tutta la vita aveva accettato un passaggio in motorino e Walter Veltroni che sorrideva brillantemente guarito dall'influenza che diceva avergli impedito di partecipare alla manifestazione unitaria di giovedì e tanti frati e tante suore e tanti studenti e perfino un democristiano in carne, ossa e bandiera scudocrociata che ghignava: «Nun eravamo morti: solo in standby ».

Spiccava anzi, in mezzo a quel chiasso allegro, un'assenza: Berlusconi. Intendiamoci, in quattro o cinque chilometri di corteo, qualche ombra del Cavaliere c'era. Qui era un pupazzone con le enormi orecchie tirate con le mollette appena uscito dal lifting , lì era vestito da Duce accanto a un Bush-Führer, lì ancora faceva la parte del cane da guardia su un carro di pupazzi di cartapesca in cui il presidente americano puntava un pistolone contro Saddam Hussein col pigiama a righe del carcerato mentre Prodi e D'Alema giravano in tondo senza sapere che pesci prendere. Non mancavano un po' di slogan e uno striscione con «le bombe di Bush» dove accanto alla bomba atomica e alla «bomba hacca» c'era la «bombetta puzzolente»: lui. Ma vogliamo far paragoni con altre manifestazioni degli ultimi tre anni? La metà della metà della metà. E forse meno ancora. Come se questo pezzo di popolo di sinistra si fosse in qualche modo liberato della «ossessione Berlusconi». E pur conservando intatta l'avversione contro il Cavaliere, avesse cominciato a dargli meno importanza. Come desse quasi per scontato, dopo le difficoltà del governo, la svolta nei sondaggi, la ripresa dell’opposizione, la sorpresa spagnola, che il tramonto della destra sia inarrestabile. Un'idea che Gino Strada, la cui brutalità di giudizio è pari alla delicatezza con cui maneggia i bisturi, riassume così: «Berlusconi? Boh... E' morto».
Ed è qui, nella sensazione diffusa che «la Spagna ha detto chi ha ragione» e «ormai è fatta anche qua», che è venuta fuori quella vecchia anima confusionaria, sgangherata e sventurata di una certa sinistra ribelle. Incapace di impedire l'ostentazione di uno striscione che inneggiava alla «resistenza irachena», la stessa che fece saltar per aria i nostri militari a Nassiriya come un anno fa non era stata in grado di fermare la sfilata di finti kamikaze palestinesi. Incapace di emarginare i teppisti che «col volto coperto e urlando slogan inaccettabili», stando alla denuncia di Stefano Fancelli, hanno «aggredito premeditatamente» i giovani diessini «lanciando uova, bottiglie di vetro, lattine, aste di legno ed oggetti contundenti ad altezza d'uomo».
Incapace di tenere a bada quanti avevano organizzato l'imboscata di insulti a Piero Fassino. Un'imboscata annunciata. E in qualche modo perfino legittimata preventivamente non solo dal no-global Francesco Caruso con la minaccia di «ceffoni umanitari» o dallo stesso Strada con la sparata sui «delinquenti politici» ma anche da alcuni che sulla carta sono i compagni di strada dei Democratici di Sinistra. Come il cossuttiano Marco Rizzo, arrivato ad accusare Fassino di avere voluto lui la manifestazione unitaria in Campidoglio per «indebolire» la marcia di ieri e ad avvertirlo che per lui venire alla manifestazione di ieri sarebbe stato «come andare a sedersi allo stadio nella curva che ospita i tifosi avversari». O il verde Paolo Cento, che aveva avvertito: «I fischi, se ci saranno, saranno conseguenza dei loro errori». E lo stesso Fausto Bertinotti che aveva riaffermato l'ovvio diritto che tutti possono partecipare a ogni manifestazione però... La frittata è fatta. Sarà divertente, adesso, vedere la corsa a rassicurare gli elettori che un domani, se fossero tutti insieme al governo...
Gian Antonio Stella - Corsera 21/03/2004
 
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